
Gli under 30 tra crisi e cambiamento climatico
La Giornata Mondiale delle Capacità dei Giovani dovrebbe farci riflettere sul legame tra la nostra generazione e un futuro sostenibile.
Il passaggio dall’infanzia all’età adulta non è mai semplice, ma noi, ultimi dei millennials e generazione z, dobbiamo fare i conti con sfide piuttosto singolari, come il cambiamento climatico, la pandemia e le sue conseguenze sulla situazione economica mondiale — che si sommano agli effetti della crisi del 2008. Questa particolare combinazione di cause di forza maggiore ci rende insicuri e ansiosi, spesso disillusi circa il nostro futuro: un sentimento che è stato descritto, in psicologia, come quarter-life crisis, cioè crisi dei 25 anni, in quanto il momento più delicato di questa transizione verso il mondo adulto sembra essere proprio la fine del percorso di studi e la ricerca attiva di un impiego.
Il 15 luglio si è celebrata la Giornata Mondiale delle Capacità dei Giovani: la data è stata istituita dall’ONU nel 2014, per sottolineare l’importanza di un'istruzione e formazione tecnica e professionale di qualità (TVET), senza le quali sarebbe impossibile immaginare un futuro e produrre sviluppo. La questione interessa tanto i Paesi emergenti e in via di sviluppo, quanto il nostro caro occidente: a seconda dei casi, noi giovani siamo confrontati all’assenza di istruzione, alla disoccupazione e/o alla precarietà lavorativa. E non si può attribuire la colpa solo alla pandemia, perché la situazione era drammatica già in precedenza.
Ecco perché vogliamo provare ad analizzare i dati con occhio critico, spiegando quali sono le nostre principali sfide e quali le proposte concrete delle istituzioni, consapevoli che investire su di noi significhi garantire a tutti un futuro più sostenibile.


L’occupazione giovanile mondiale prima del 2020
Eravamo una categoria svantaggiata di lavoratori già da prima della pandemia. Milioni di giovani — stando alla stima dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), circa il 20% della popolazione giovanile mondiale — hanno sperimentato l’assenza di un impiego, di un’istruzione o di una formazione in corso, cioè, in poche parole, la disoccupazione. Di questo 20%, in più, i tre quarti erano donne, il che dimostra l’esistenza di un problema di genere, oltre che occupazionale tout court.
Sempre secondo l’OIL, in media intercorrono 13,8 mesi tra la fine di un percorso di studi o di formazione e l’inizio della carriera professionale. Ma ovviamente, avere un lavoro non significa godere di stabilità economica, anzi: nei Paesi emergenti e in via di sviluppo, due giovani impiegati su cinque sono ancora in gravi condizioni di povertà, e guadagnano poco più di 3 dollari al giorno.
Questo accade perché la maggior parte dei lavori disponibili sul mercato rientrano nella cosiddetta economia informale, e cioè non sono tracciati e non offrono un contratto; nei Paesi a basso reddito, succede a tre impiegati su quattro, e in Africa la percentuale raggiunge addirittura il 95%.
Guadagnarsi da vivere in un’economia informale significa essere precari: come sottolinea, senza mezzi termini, l’OIL, questa tipologia di impiego non è “dignitosa”. Raggiungere un qualsiasi tipo di sicurezza economica è molto più difficile, non solo perché gli stipendi sono bassi, ma anche perché la domanda è sproporzionata rispetto all’offerta. Di conseguenza, i giovani lavoratori vanno spesso incontro a forme di sfruttamento fisico e/o psicologico: non c’è sicurezza sul lavoro, non ci sono garanzie, non c’è protezione.
Giovani lavoratori e pandemia
Le conseguenze della pandemia mondiale si sono duramente abbattute sui giovani, con un aumento della disoccupazione giovanile dell’8,7%, a fronte del 3,7% dell’incremento della disoccupazione globale; per di più, questa tendenza non è stata controbilanciata da un aumento delle iscrizioni nel settore dell’educazione e della formazione.
Tutti i settori professionali sono stati toccati dalla pandemia, ma alcuni più di altri, come la vendita al dettaglio, la ristorazione e il turismo: sono i lavori con la più alta percentuale di occupazione giovanile, ma anche quelli con il maggior tasso di licenziamenti in tronco. Come sottolinea il Forum Economico Mondiale nel suo Report sui rischi mondiali del 2021, “Questa generazione deve fare i conti con una crisi finanziaria decennale, un sistema educativo obsoleto, i cambiamenti climatici in corso e un clima dilagante di violenza.” Per milioni di giovani, ci sono buone possibilità che le difficoltà occupazionali causate dalla pandemia abbiano conseguenze gravi anche sul lungo termine.
Per milioni di giovani, ci sono buone possibilità che le difficoltà occupazionali causate dalla pandemia abbiano conseguenze gravi anche sul lungo termine.

Nuove opportunità
Dopo aver messo in luce le criticità del sistema, l’OIL ha anche suggerito delle possibili soluzioni. Sicuramente, c’è bisogno di un approccio trasversale, data la vastità del problema e la pluralità di sfide che ciascuno di noi, giovani lavoratori, deve affrontare. Serve innanzitutto incoraggiare la creazione professionale, il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle garanzie previste nei periodi di inoccupazione o disoccupazione, con programmi di reinserimento mirati.
La buona notizia è che alcuni Paesi — a diversi stadi di sviluppo — hanno già cominciato a mettere in atto programmi di questo tipo, e possono dunque diventare un esempio per gli altri. Lo YouthConnekt Rwanda è stato fondato nel 2012 e ha impiegato oltre 4000 giovani lavoratori nel settore extra-agricolo. L’ Expanded Public Works Program del Sudafrica offre soluzioni professionali temporanee in diversi settori (governativo, privato, ambientale, culturale e altro), con un’attenzione particolare alle donne, alle persone affette da disabilità e alle altre categorie sociali più vulnerabili. Il Developing the Young Workforce, in Scozia, ha creato una rete di centri di impiego regionali che, aiutando i giovani a perfezionare le loro competenze, ha abbassato del 40% la percentuale di disoccupazione giovanile nel Paese. Nel 2020, inoltre, la Commissione Europea ha proposto un pacchetto di Sostegno all’occupazione giovanile: il servizio, rivolto ai giovani dai 15 ai 29 anni, punta all’attuazione, nei Paesi Membri, di politiche occupazionali più inclusive, e al perfezionamento del programma di istruzione e la formazione professionale (IFP), che dovrebbe preparare all’inserimento professionale.
L’obiettivo del Programma di Innovazione e Apprendimento dell’UNESCO è quello di accrescere le competenze dei lavoratori del 40% entro il 2025, con un particolare interesse alle digital skills, all’economia green e al consolidamento della TVET.
I giovani e la green revolution
Il 2020 ha registrato un considerevole calo delle emissioni di CO2, un miglioramento della qualità dell’aria e una riduzione dell’inquinamento delle acque, a dimostrazione del fatto che il pianeta è (ancora) capace di guarirsi da solo, quando gliene si dà l’opportunità. Molti Paesi — tra cui la Corea del Sud, l’Unione Europea e gli Stati Uniti — hanno finalmente compreso l’importanza di un piano di transizione ecologica che permetta di riconsiderare lo sfruttamento delle risorse e i meccanismi di produzione.
La nostra partecipazione al processo di transizione ecologica è di vitale importanza; per questo bisogna che, oltre ai provvedimenti istituzionali, anche le aziende, su esempio di Rwanda, Sudafrica e Scozia, si mobilitino per assumere talenti giovani e consapevoli dell’emergenza climatica.
Einova crede nei giovani e nel loro potenziale innovativo.
Igor Spinella, ingegnere meccatronico e CEO di Einova, ha fondato l’azienda pochi anni dopo la fine del suo dottorato; il team è composto, per la maggior parte, da neolaureati: l’esperienza si acquisisce, nel tempo, ma ciò che fa la differenza è l’avere a disposizione menti fresche e brillanti, che trovino risposte intelligenti al grande interrogativo dell’energia sostenibile. Questa fiducia è stata sicuramente ben riposta: lo testimoniano gli oltre 200 brevetti internazionali in tecnologie di conversione energetica ultra efficienti, conseguiti da Einova.
Il mondo post-pandemico ha bisogno di essere guidato dagli under 30. Se questa Giornata Mondiale delle Capacità dei Giovani ci ha insegnato qualcosa, è che è facile biasimare la nostra generazione per i traguardi professionali e sociali che non riesce a raggiungere, o che raggiunge a fatica; è molto più difficile, invece, darle gli strumenti giusti per esprimere al meglio le sue potenzialità e capacità. Noi siamo pronti a fare il passo.
Il mondo post-pandemico ha bisogno di essere guidato dagli under 30. Noi siamo pronti a fare il passo.
